Roberto Pellizzari
Faccio parte di quella generazione per la quale era naturale poter giocare all’aperto. Usavo la bicicletta per scorrazzare nei campi, incontrare gli amici o per fare delle piccole commissioni per mia madre.
Mi piaceva modificare delle vecchie grazielle, per renderle simili alle moto che tanto mi piacevano.
E infatti, appena avuta la possibilità, mi sono comprato la mia prima moto, un Fantic Caballero usato. Da lì è iniziata la mia fase di pilota di motocross.
Per sei interi anni ho partecipato al campionato Triveneto, per altro senza grossi risultati, finchè la passione per i motori si è affievolita e così mi sono cercato una nuova valvola di sfogo.
Nel 1988, l’ambiente del ciclismo era in fermento. La MTB stava spopolando come accade oggi per le gravel bike, e mi è sembrato naturale passare dalle “ruote artigliate” della moto, a quelle “grasse” della bicicletta. La prima MTB l’acquistai senza sapere nulla di biciclette, era una Bianchi pesantissima, bianca e rossa, che sostituì dopo pochissimo tempo con una fiammante Cinelli Rampichino grigia e gialla e successivamente, con una Scapin Pro racer; un gioiellino che mi ha accompagnato per due stagioni di gare. La voglia di ciclismo continuava a crescere, e ben presto acquistai una bici da strada, una Scapin in acciaio che conservo tutt’ora.
Della BDC ho sempre amato la posizione che si assume in sella, “compatta” e aggressiva, quel gesto atletico che mi faceva sentire come uno dei grandi campioni di quei tempi; un Bugno o un Chiappucci.
Mi è sempre piaciuto correre a piedi, avevo 16 anni quando mio padre, appassionato marciatore domenicale, mi ha incoraggiato a seguirlo nei suoi allenamenti serali. Sono anche sempre stato un buon nuotatore, quindi nel 1992 ho iniziato a praticare il triathlon.
Nel 1997, causa impegni di lavoro e personali, ho appeso la bicicletta al classico chiodo, continuando però a praticare la corsa prima, e il il trail running poi, e dedicandomi successivamente all’alpinismo in coppia con mia moglie. Nello stesso periodo riscopro anche la passione per il nuoto, e partecipo a diverse traversate di laghi e mi cimento nella traversata dello Stretto di Messina, un’esperienza bellissima che ricordo ancora con nostalgia.
Nel 2011 arriva nostro figlio, e con lui anche un periodo di tranquillità. L’attività sportiva è diventata saltuaria; qualche corsetta con Pablo nel passeggino, e dei trekking in montagna con il bambino nell’apposito zaino.
Torno alla bicicletta solo nel 2015, dopo quasi 20 anni. Mio padre mi cede la sua BDC che non usa più da qualche anno. La parcheggio in garage per un po’ e poi, con poca convinzione, riprendo a pedalare. Due, tre uscite alla settimana sui Colli Berici che ben conosco. Pedalate di routine, motivato dal fatto che ormai le mie ginocchia mal tollerano la corsa, e che pedalare è l’unica alternativa che ho se voglio smaltire i chili di troppo.
Dopo qualche anno la strada inizia starmi stretta e mi balena l’idea di tornare alla origini e acquistare una MTB. Scopro così, cercando informazioni sul web, l’esistenza della gravel bike. Me ne innamoro, e nel 2018 entro a far parte di questo fantastico mondo.
Gli inizi sono tranquilli, giri di 40-50 km, ma poi la voglia di esplorazione e le opportunità che questo tipo di bicicletta offre, mi portano ad allungare le percorrenze, ed inizio così a fare i primi viaggi in bikepacking, anche accompagnato da mio figlio, buon pedalatore anche se piccolo.
Cerco di mettere a disposizione la mia esperienza attraverso piccoli articoli che pubblico su questo sito.
Da qualche tempo ho anche iniziato una collaborazione con il magazine online Bicimagazine, per il quale scrivo pezzi sul mondo gravel.
Nel 2022, mosso dalla voglia di andare oltre il semplice pedalare e conoscere meglio il mondo della bicicletta e del cicloturismo, mi iscrivo ad un corso di Istruttore di cicloturismo sportivo e mtb e conseguo il diploma nazionale e il patentino riconosciuti dal Coni.
Della gravel bike mi piace l’idea di fondo; una bici veloce quanto basta su asfalto ma che ti permette di percorrere sentieri fuoristrada anche impegnativi.
Libertà, scoperta e avventura, tutto quello che ho sempre cercato praticando sport amatoriale, è riassunto in questo incredibile mezzo.
Walter Muraro
La bici è per me libertà, vento in faccia, azione, decisioni improvvise, bellezza e scoperta. Ho sempre pedalato, non ho mai avuto un motorino. Ho giocato a calcio fino ai 29 anni, ma già ormai una trentina di anni fa ho iniziato a pedalare una pesante MTB in acciaio, scoprendo così i sentieri delle colline dietro casa e le prime, timide, uscite in montagna.
Giocando a calcio, inizialmente usavo la bici come divertimento al sabato e soprattutto d’ estate. Una volta smesso col pallone ho iniziato a dedicarmi allo sci nordico e alpino, a lunghe camminate in montagna, ma provando un piacere via via crescente per le ruote grasse.
Ho partecipato a qualche gara di MTB, capendo presto che quello non era il mio modo di intendere la bici. Una quindicina d’ anni fa, portai a casa una bici da corsa che gradualmente andò a soppiantare quasi per intero la MTB. Mai partecipato ad una gran fondo!
Coll’ arrivo delle prime gravel, tornai a frequentare più spesso sterrati e percorsi meno battuti, e ritornò anche la passione per la MTB. La strada iniziò a starmi sempre più stretta coi suoi percorsi obbligati e l’invasività delle auto. Pedalo spesso da solo e non mi piacciono gli schemi e le mode, sia in bici che nella vita. Credo di essere un buon pedalatore e mi piace fare uscire di molte ore, soprattutto in montagna; amo i silenzi, la natura nella sua semplicità, elementi nei quali cerco di immergermi il più possibile. Mi piace spingere, sentire lo sforzo tramutarsi in velocità, ma apprezzo molto anche i momenti di sosta, le pause e le soste sdraiato su di un prato, gustando un panino preparato da me. Mi piace fermarmi, fare foto e respirare quel momento. Soprattutto, sono uno che ama scoprire e meravigliarsi per i paesaggi, gli incontri e le emozioni che si possono avere in sella ad una bici, un mezzo che uso da circa quindici anni anche per il bike to work per il maggior numero di volte possibile. Un mezzo di locomozione vero e proprio quindi, non solo di svago. Sento la bici come come una parte importante di me, il mezzo col quale divertirmi e sfogarmi. E che forse è anche una ottima psichiatra. La bici la sento più una cosa di “pancia” che di ” testa”, più istinto che ragione.
Ho iniziato a fare “bikepacking” nel 2011, zaino da montagna in spalla e via, a quel tempo. Zaino che segava le spalle. Ma bastava pedalare e scoprire. Viaggi in solitaria, anche di pochi giorni, in Slovenia, Austria, Svizzera e Francia, Italia del Nord. La vacanza più rilassante? Un tour di 12 giorni da casa a casa, passando per l’Alto Adige, i Tauri e il Salzkammergut.
Non ho mai amato molto partecipare ai sempre più numerosi eventi gravel, sono più un pedalatore solitario e anarchico. Ma apprezzo molto il lavoro di amici organizzatori, tracciatori, ideatori. Con alcuni di loro ho comunque fatto, nel 2018, la Veneto Gravel e la Tuscany Road, e altri bei percorsi di più giorni. Mi piace alternare gravel ed MTB, più di rado esco solo su strada. Uscendo di casa, la prima cosa che vedo è il profilo dell’ Altopiano di Asiago, col suo bordo ormai così familiare. Naturale quindi che sia, cartina escursionistica alla mano, la mia meta prediletta, dove salgo la maggior parte delle volte e che conosco ormai abbastanza bene.
Mi piace la solitudine di quei luoghi, la storia di quelle terre, le testimonianze della Grande Guerra, la possibilità di percorrere centinaia di km di sterrati e sentieri, di stare anche ore senza trovare nessuno. Collaboro, o meglio, aiuto amici nell’ architettare giri in bikepacking, scrivendo qualche testo e dando qualche suggerimento. Mi piace talvolta scrivere sui social dei miei giri, ponendo l’ accento sulle emozioni, la storia e gli incontri casuali, postando foto di paesaggi.
Non amo le etichette, le convenzioni e gli slogan. Per me gravel significa scoperta, anche quando si fanno gli stessi percorsi ormai a memoria. È possibilità di scegliere, come nella vita, con le sue numerose possibilità e direzioni e dove sei tu a decidere i tempi, i ritmi e le soluzioni.
Prediligo i percorsi nervosi ed impegnativi, dove la bici va più “sentita” che pedalata. Non disdico le distanze medio/lunghe, ma amo soprattutto la salita, per me la vera essenza di questo sport.